In contrada Diana sorge un’elegante residenza del XVIII secolo “Palazzo Corvaja” Questa contrada, attualmente appartenente al Comune di Fiumefreddo di Sicilia, un tempo faceva parte della baronia di Calatabiano.
I legami parentali fra la famiglia Diana e le famiglie più in vista di Calatabiano alla fine del sec. XVII risultano molto articolati. A complicare ulteriormente il sistema di alleanze familiari intervenne il terremoto del 1693 che, sconvolgendo alcuni nuclei familiari, favorì nuovi legami che sostituissero quelli tragicamente interrotti, o permise ad altri di inserirsi nella ristretta cerchia del gruppo dirigente. L’edificio presenta un pittoresco prospetto serrato fra torricini pensili, che chiude sul fondo una corte rettangolare entro magazzini, stalle e abitazione della servitù.
Esso costituisce un esempio di villa – fattoria realizzata dai nobili del tempo per la villeggiatura e per il controllo dei latifondi e delle strutture produttive. Suggestivo è l’uso della pietra lavica per le mostre di porte, balconi e finestre, i corpi scalari merlati e la coloritura dei paramenti con forte tinte.
Agli angoli del palazzotto, sorrette ognuna da tre mensole in pietra lavica, due garitte a pianta quadrata, coronata da cupole emisferiche ed ingentilite da un cornicione con decorazioni in stucco, serrano ai lati la facciata.
Dietro di esse emergono due torrette più grandi, anch’esse a pianta quadrata e coronate da una merlatura ghibellina che ha un preciso valore simbolico oltre che funzionale.
I due cortili e la recinzione del giardino dietro la casa, oltre a contribuire alla difesa, costituivano degli spazi esterni estremamente articolati e differenziati per lo svolgimento delle più svariate attività.
In linea di massima la corte chiusa davanti alla residenza era riservata alle attività aziendali e familiari, mentre nel cortile esterno si svolgevano tutte le attività connesse al transito nella via pubblica. A lato del passaggio fra le due corti vi era lo “studio”: un locale dove la famiglia Diana probabilmente esplicava molti degli atti amministrativi relativi ai loro fondi ed ai feudi amministrati per conto dei Gravina – Cruyllas.
Sul lato nord della corte esterna con la facciata rivolta alla strada è collocata la Chiesa di San Vincenzo, che assolveva funzioni sia di Chiesa per la popolazione locale, sia di cappella privata della famiglia.
Essa è dotata di due accessi: uno in facciata per il pubblico ed uno laterale, riservato probabilmente alla famiglia Diana che durante le funzioni religiose doveva occupare i posti più vicini all’altare.
All’interno troviamo, oltre ai tre altari in marmi di vari colori, il monumento funebre di Michele Diana, figlio di Francesco Diana e Calì Angela, morto nel 1788 all’età di 2 anni e 10 mesi. Addossato al palazzotto, al pianterreno vi è il palmento, costruito nel 1694 dalla famiglia Bottari. Originariamente separata dalla residenza fortificata di Francesco Diana, la casa dei Bottari fu successivamente unita a questa: il corpo centrale fortificato venne così a perdere uno dei suoi attributi difensivi conferitogli dal totale isolamento da altre fabbriche.
Dalla fine del ‘700 il complesso, abbandonato dai proprietari quale residenza, non subisce ampliamenti e modifiche sostanziali. Gli interventi più consistenti sono tutti della fine del secolo scorso e dei primi anni del ‘900, quando alcuni locali di servizio attorno alla corte vengono ristrutturati. Fortunatamente la residenza fortificata si mantiene ancora pressoché integra; non altrettanto può dirsi invece di altre parti del complesso. In tempi recentissimi sono state asportate le pietre angolari del parapetto e del collo del pozzo, ancora visibili di F. Fichera dell’inizio del secolo. A sud del cortile esterno alcuni dei vecchi fabbricati sono stati sostituiti da una squallida palazzina <<moderna>>, mentre altri interventi hanno invece alterato una parte consistente dei fabbricati della corte interna che costituiscono un unico organismo architettonico con la residenza.